Passione

Aforismi

Claudio Magris

Abbiamo anche molto riso, perché ridere insieme è un altro dei fondamenti essenziali del vivere.
Aiutare vuol dire ascoltare l'altro, seguirlo nei suoi labirinti senza smarrire la propria strada, assecondarlo senza debolezza e correggerlo senza astio, immedesimandosi con i suoi fantasmi senza perdere i propri, saper offrirgli l'altra guancia o dargli un ceffone, a seconda dei casi.
Amare significa amare l'altro, rispettarlo, volere il suo bene e volere, anche quando ciò può essere doloroso, che sia se stesso.
Anche le menzogne fanno parte della vita, esistono. Il male non è soltanto assenza, deficienza di realtà. La menzogna è altrettanto reale quanto la verità, agisce sul mondo, lo trasforma, è davanti a noi, la possiamo vedere e toccare, fungo velenoso che non è perciò meno reale di quelli mangerecci.
Avere autentici maestri è una grande fortuna, ma è anche un merito, perché presuppone la capacità di saperli riconoscere e di sapere accettare il loro aiuto.
Bene è ribadire l'oggettività del reale, in un secolo di pirandellismi, altrimenti si finisce male... Gli oggetti sono, grazie a Dio.
Bisogna anzitutto imparare a rispettare anche ciò che non si riesce ad amare; capire che il valore e i diritti di una persona non dipendono dai sentimenti che proviamo per essa.
Bisogna pure dare un senso al caos crudele che piomba addosso.
Capire la storia significa mettersi dal punto di vista di chi ha vissuto gli venti mentre questi accadevano.
Chi ama la vita deve forse amare il suo gioco di incastri, entusiasmarsi non solo per il viaggio verso isole lontane, ma anche per la trafila burocratica relativa al rinnovo del passaporto.
Chi ha un animo nobile non si sopravvaluta, sa imparare ed è riconoscente.
Chi non capisce ha torto.
Chi non l'ha provato non sa come l'amore aiuti ad affrontare le difficoltà. Una donna che ti sta vicino, che quando sei agitato ti parla col tono giusto, con quel tranquillo sorriso che solo loro hanno, è tutto.
Chi ostenta, con aria di superiorità, la propria ignoranza di cose, norme e forme, lasciando ad intendere che ciò assicuri una fine sensibilità, è quasi sempre un cuore ottuso e arido, incapace di interessarsi al mondo e agli altri.
Chi prevarica appellandosi alla fatalità della vita o del proprio carattere, un'ora o un anno più tardi sarà colpito in nome delle stesse ineffabili ragioni.
Chi scrive una pagina e mezz'ora dopo, aspettando il tram, s'accorge di non capire più niente, neanche ciò che ha scritto, impara a riconoscere la propria piccolezza e capisce, pensando alla vanità della propria pagina, che ognuno prende le proprie elucubrazioni per il centro dell'universo ma, appunto, ognuno.
Chiedere perdono è più difficile che perdonare, gesto che dà il conforto di sentirsi magnanimi e superiori all'altro.
Ciò che conta non è la tavolata di baldoria ma la qualità del vino di ogni giorno. Non conta l'anniversario del matrimonio bensì gli altri 364 giorni dell'esistenza condivisa e che lo stesso vale per il volgere di secoli e millenni e per gli anni santi dei 24 che li seguono o li precedono.
Come ho fatto a non capire che l'amore è salire sulla barca dell'altro e farlo salire sulla propria, prendere il largo anche se il mare infuria sotto la bora che viene giù dal Quarnero, e che lasciarlo a terra è una viltà più turpe che lasciarlo partire da solo?
Conoscere significa distinguere, sapere che una cosa è quella e non tutte le altre, con cui pure ha molto in comune, così come una persona è quell'individuo, unico e irripetibile, e non tutti gli altri cui pure per certi versi tanto assomiglia.
Credere che uno scenario di grattacieli non si adatti a differenza delle temde di un pastore al cristianesimo significa non credere nel cristianesimo.
Difficile stabilire a priori quando la verità vissuta risiede nella diserzione e quando essa si trova nell'obbedienza; c'è una bolsa retorica dell'ordine e ce n'è una, altrettanto stantia, della trasgressione.
Dio maledica le parole, che mettono in moto cose più grandi di loro, e cose brutte.
Dire che la vita è bella o brutta è ugualmente pacchiano. Sàbato continua tenacemente a far balenare un significato che illumina la vita, ma senza temere di lasciar affiorare dalle acque nere i mostri che insidiano e minacciano di oscurare quel significato.
Disponibilità a modificarsi, accogliendo le lezioni della realtà.
Esiste, sia pure in tante forme diverse, una cultura universalmente umana basata sulla ricerca della verità, sul rispetto della libertà, sulla correttezza logica del ragionamento, sulla distinzione tra ciò che è oggetto di fede e ciò che è oggetto di ragione, tra ciò che compete alla razionalità e ciò che appartiene al sentimento, tra ciò che si può dimostrare e ciò in cui si può credere, tra l'accertamento dei fatti e il giudizio di valore.
Essere retorici, ossia essere falsi.
Fare il proprio dovere, non esagerare, opporre la pazienza all'angoscia della storia e della vita.
Forse l'idea che Dio abbia fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza non è una bestemmia né una fanfaronata, perché accorgersi, come Cottolengo, che non esiste mostruosità ma solo indicibile sofferenza in credito d'amore, è una grandezza degna di un Dio.
Forse non saremo veramente salvi finché non impareremo a sentire, con una concretezza quasi fisica, che ogni nazione è destinata ad avere la sua ora e che non ci sono, in senso assoluto, civiltà maggiori o minori, bensì un succedersi di stagioni e fioriture.
Forse è in questa accettazione di una sorte comune, in questa capacità di essere Ognuno, che consiste la grandezza umana.
Forse è questo il peccato originale, essere incapaci di amare e di essere felici, di vivere a fondo il tempo, l'istante, senza smania di bruciarlo, di farlo finire presto.
Generico scherno e insofferenza verso gli altri sono sempre un segno di imbecillità, quando un altro non lo abbia meritato con un suo specifico atto malvagio o meschino.
Guardato duramente in faccia il conflitto può essere superato.
I grandi umoristi e i grandi comici, da Cervantes a Sterne o a Buster Keaton, fanno ridere della miseria umana perché la scorgono in primo luogo in se stessi, e questo riso implacabile implica un'intelligenza amorosa del comune destino.
I grandissimi da Cristo a Socrate, a Buddha hanno parlato e non hanno scritto.
I limiti della nostra immaginazione non sono quelli della realtà.
Il cinismo è una sorta di fratello cattivo del disincanto.
Il compito della poesia è quello di guardare in faccia la Medusa e non già di mandarla dal parrucchiere affinché la renda più presentabile.
Il comunismo ha lasciato pure una grande eredità, non quella delle risposte che ha dato, ma quella delle domande che ha posto.
Il confine che corre tra la verità e la menzogna è spesso incerto, anche se il nostro compito è quello di cercare incessantemente di stabilirlo.
Il fascismo è anzitutto quest'incapacità di scorgere la poesia nella dura e buona prosa quotidiana, questa ricerca di una poesia falsa, enfatica ed eccitata.
Il gatto non fa nulla, semplicemente è, come un re.
Il gioco è una delle dimensioni più libere e appassionate della esistenza; poche cose si fanno con tanta intensità come i giochi.
Il maestro è tale perché, pur affermando le proprie convinzioni, non vuole imporle al suo discepolo; non cerca seguaci, non vuole formare copie di se stesso, bensì intelligenze indipendenti, capaci di andare per la loro strada. Anzi, egli è un maestro solo in quanto sa capire quale sia la strada giusta per il suo allievo e sa aiutarlo a trovarla e a percorrerla, a non tradire l'essenza della sua persona.
Il mistero più grande, anche e soprattutto per la fede, è l'al di qua, la vita appassionata e fragile, e che il modo più profondo di pregare è partecipare con amore e umiltà alla sua breve parabola.
Il mistero è anzitutto l'al di qua, la giornata terrestre con le attese, i ricordi, gli amori, le piccole pene e le piccole gioie, intrise di fragile argilla e di eternità.
Il nemico della libertà è la falsa universalità.
Il poeta non deve mai curarsi delle leggi e delle opinioni attuali, bensì risalire a quelle verità generali e trascendentali che rimarranno sempre le stesse.
Il primo dovere di ogni pensiero è quello di affrontare il groviglio di valori e disvalori di cui s'intesse, nella sua grandezza e nel suo cinismo, la storia. La semplificazione ottiene l'effetto opposto.
Il sentimentalismo è la negazione del sentimento.
Il tentativo di capire il mondo e la vita e di inquadrarli in un ordine non rigido né dogmatico è una delle più grandi manifestazioni della libertà.
Il viaggio è sempre un ritorno a casa, l'avventura dello spirito che parte per impadronirsi del mondo e dispiegare, in questa lotta col molteplice e con l'ignoto, le proprie latenti possibilità, sì da tornare, cresciuto e adulto, alla casa ritrovata.
Imparare a ridere di ciò che si ama e si rispetta e a rispettare e amare con umiltà ciò di cui affettuosamente si ride è una delle più grandi lezioni di amore e di libertà.
In una scheggia ci può essere il mondo, ma essa è qualcosa se non è solo una scheggia bensì il mondo.
L'Io si arricchisce nel confronto con le diversità, ma senza venire cancellato o assorbito. Il dialogo, che unisce gli interlocutori, presuppone la loro distinzione e una piccola, ma insopprimibile e feconda distanza.
L'ambiguità è un pretesto dei deboli, per attribuire al mondo la loro incapacità di discernere, come un daltonico che accusasse l'erba e i papaveri di avere i colori indistinguibili.
L'amore autentico è quello che si apre all'altro e al mondo, non quello regressivo e feticista che si chiude ossessivamente su se stesso, che vaneggia una propria pretesa purezza e una superiorità sugli altri e così si nega e si castra, come un patetico e stupido Narciso che, facendo l'amore, contempla il proprio corpo anziché quello della persona amata.
L'amore per i classici, se diventa alterigia, è offensivo per i classici.
L'amore è un'eco dell'infinito e una sfida al tempo.
L'amore è una guerra in cui bisogna essere armati.
L'attenzione precisa ai fatti è una necessaria premessa di democrazia.
L'effimero è l'appassionata e fragile misura della nostra esistenza.
L'essenza del cristianesimo è l'amore e in tal senso molti che lo praticano senza dirsi o ritenersi cristiani lo sono più di tanti che dicono "Signore, Signore".
L'etica della responsabilità, che pensa non solo alla purezza degli ideali, ma anche alle loro conseguenze per gli altri, è un fondamento della vita civile e della democrazia.
L'onestà intellettuale e l'esercizio modesto e autoironico, ma tenace, della ragione sono l'unico atteggiamento corretto e rispettoso nei confronti di tutto ciò che appare difficile o impossibile da spiegare. Senza questa laicità non esiste alcun rispetto autentico, neppure della religione, ma soltanto pathos retorico, sentimentalismo pasticciato o ciarpame superstizioso.
L'umorismo è la sentinella della ragione, consapevole dei suoi limiti e pronta a cogliere la comicità ma anche la violenza di chi li viola. Chi oltraggia la logica fa ridere.
L'unico modo di parlare, di raccontare qualcosa della propria esperienza, è di parlare di altri.
La bontà, che non è mai bonacciona, è difficile perché presuppone la forza di fare i conti con la complessità del reale, in cui coesistono bene e male, fraternità e violenza.
La chiarezza morale permette di vivere a fondo la vita, di guardarla in faccia.
La comprensione e l'intelligenza della realtà sono una continua lettura e interpretazione delle cose, una decifrazione di quel senso nascosto del mondo scritto, come un anagramma, non solo nella Bibbia, ma negli oggetti, nei fenomeni, nelle figure anche minime e fugaci dell'esistenza.
La confusione della piazza è, come sempre, un riflesso della confusione della reggia.
La correttezza della lingua è la premessa della chiarezza morale e dell'onestà.
La declamazione dell'autenticità individuale diventa una posa quando si parla contro la massa dimenticando di farne parte.
La dimensione più autentica dei valori è quella che li vede non declamati o sbandierati, bensì calati nell'esistenza quotidiana, vissuti a fondo e tradotti nel modo di essere e di operare.
La laicità non significa, come stupidamente si ripete, mancanza o negazione di fede religiosa, bensì distinzione tra ciò che è oggetto di ragione e ciò che è oggetto di fede.
La letteratura è la lingua che si ribella contro i tempi puri della grammatica, per rendere giustizia alla vita.
La libertà più irriducibile alla deformazione ideologica è la stessa esistenza dell'individuo nel suo giore e nel suo patire.
La malinconia nasce quando non si può volere, cioè tendere a una meta, perché non si sa e non si vuol sapere ciò che si vuole.
La memoria storica è conoscenza, è pietas, è ricerca dei significati e della loro gerarchia, e la sua perdita significa imbecillità.
La memoria è un valore fondamentale; non è nostalgia del passato, bensì difesa e salvataggio della vita, senso del presente di ogni esistenza e di ogni valore.
La menzogna è pesante, chi ne abusa può trovarsela al piede come una palla di piombo.
La nostra morte individuale, solitaria e dimenticata nel frastuono delle cose ci incute sgomento in cuore.
La peggiore ideologia è quella inconsapevole di essere tale e che si traveste, ai propri occhi, in immagine fedele e diretta della realtà.
La poesia è anche e forse soprattutto lettura del grande libro della natura.
La realtà c'è, è là, inconfutabile.
La realtà non è idillica e non risparmia problemi né ostacoli a nessuno.
La risposta tracotante è peggiore anche di una domanda sbagliata, perché ne esaspera, con la sua sicumera, gli errori di impostazione.
La scienza ha indirettamente una grande funzione morale, perché insegna a distinguere i fatti dai valori, a non confondere le diverse sfere di competenza. Questa chiarezza, questa corretta grammatica e sintassi del pensiero sono la premessa per non imbrogliare e non essere imbrogliati.
La scienza oggi ha molto da dire, molti baracconi da sbaraccare.
La scienza è o dovrebbe cercare di essere avalutativa, dare delle analisi più che dei giudizi di valore; il suo compito è quello di impostare correttamente l'equazione, che poi ognuno è chiamato a risolvere secondo i propri dei, i propri principi e i propri valori.
La storia universale è un'alternanza di divastazioni e di lifting che ne spianano le cicatrici, protesi che compensano le mutilazioni, deodoranti spruzzati sul tanfo del sangue.
La storia è una camera di rianimazione ed è facile sbagliare dose e mandare all'altro mondo i pazienti che si devono salvare.
La storia è una crosta di sangue.
La tradizionale versione apocalittica di una fine del mondo, con i suoi immani cataclismi che investono tutti, è anche rassicurante, perché permette di sovrastare l'angoscia della propria morte con l'immagine di una morte universale, di roghi e diluvi che bruciano e sommergono ogni cosa.
La vera letteratura non è quella che lusinga il lettore, confermandolo nei suoi pregiudizi e nelle sue insicurezze, bensì quella che lo incalza e lo pone in difficoltà, che lo costringe a rifare i conti col suo mondo e con le sue certezze.
La verità è una, chiara e semplice, come sempre.
La vita non è il supremo valore e diventa amabile e godibile quando è posta al servizio di qualcosa che è più di essa e che la rischiara e riscalda come un sole.
La vita, nel bene e nel male, è imprevedibile e talora afugge ai calcoli e alle proiezioni matematiche.
Le catastrofi del nostro secolo hanno messo a dura prova ogni ottimismo e ogni utopia di redenzione sociale; la nuova mediocrità ha due volti, ormai standardizzati in massa, quello del cinico pessimista da salotto, compiaciuto della propria pretesa estraneità aristocratica alla volgarità della storia, e quella dello yuppie tronfio e giulivo, che crede soltanto alla pacchia del suo benessere.
Le cose ma anche i gesti, i volti, i paesaggi hanno certo la loro poesia e un pezzo di realtà inquadrato in una cornice vuota è un quadro.
Le differenze di grandezza o d'intelligenza fra gli uomini, fra un genio universale e un povero diavolo, appaiono enormi, ma sono in realtà millimetriche rispetto alla morte, al dolore, alla guerra e alla incapacità anche per un genio di prevederla e impedirla, all'insonnia, alla miseria, al mal di denti.
Le fedi religiose non sono irrazionali, perché distinguono ciò che può essere oggetto di dimostrazione razionale da ciò che può essere oggetto di esperienza di fede.
Leggere è una delle esperienze più formative e creative per la vita e l'intelligenza di un individuo e dunque di una collettività, di una civiltà.
Lo scrittore moderno è colui che accetta la sfida della realtà che lo circonda, e rinuncia alla dolce finzione dell'idillio campestre.
Ma le cose saltano fuori, e gli ombrelli della nostra vita, lasciati qua e là, una volta o l'altra finiamo per ritrovarceli di nuovo in mano.
Necessario è denunciare il male senza smussarne la gravità per non turbare le coscienze è necessario proprio turbare le coscienze, scuoterle, impedire loro di addormentarsi sottovalutando la forza del male e quindi spianandogli la strada, costringerle ad accorgersi dell'intolleranza, della mostruosità della situazione.
Nell'atmosfera di umiliazione pullulano i risentimenti.
Nessun sistema imbriglia completamente l'imprevedibile irregolarità dell'esistenza, ma solo il lucido e geometrico amore del sistema permette di capire veramente l'originalità della vita, il suo scarto rispetto alla legge.
Nessuno vive nel paradiso terrestre e l'esistenza è anche malizia contro la malizia che s'annida in essa.
Nietzsche ha intuito il ruolo che la disciplina esercita nella formazione di un'autonomia di giudizio.
Non abbiate paura del mare amaro, luogo di ogni sventura, perché è l'amaro del vostro cuore che vi porge il veleno della morte, è il vostro cuore corrotto il luogo della vostra rovina, è quello il mare che può farvi naufrafare!
Non ci si può sottrarre alla responsabilità di scegliere dei valori universali e di comportarsi di conseguenza.
Non perdere la testa e la memoria è obbligo di tutti.
Non si nasce per esistere, ma per aver vissuto.
Non siamo chiamati a trasformare la vita in un paradiso, bensì a renderla, quando si può, un po' meno invivibile.
Non solo dare, pure ricevere è segno di libertà e un uomo libero è chi sa confessare la propria debolezza e afferrare la mano offertagli.
Non è detto che l'universo debba essere organizzato secondo leggi corrispondenti alle strutture della mente e della percezione umana.
Non è mai una sola persona, bensì una pluralità sia pure ristretta di persone variamente amate a farci crescere e maturare; e lo stesso vale per i luoghi e per le parole poetiche.
Occorre disponibilità a modificarsi, accogliendo le lezioni della realtà.
Occorre ridere soprattutto di noi stessi.
Ogni uomo è insieme cristiano e parricida, impasto di santità e abiezione.
Ogni valore umano si basa sul superamento della sfera privata.
Ogni vero libro si misura con la demonicità della vita; anche il Vangelo è terribile, perché constata che a chi ha viene dato e a chi non ha viene tolto pure quel poco che ha. In questa capacità di scrutare verità anche intollerabili c'è una bontà più grande di ogni conciliante bonomia, la disponibilità a scendere fino in fondo, con impavida e sconsolata pietà, nel nostro buio.
Ognuno di noi si lusinga di essere un peccatore che ha molto amato e trasgredito e cerca di nascondere a se stesso e agli altri la propria gretta, codarda e timorata povertà di cuore... Per vincere l'aridità è necessario fare i conti con essa.
Ognuno è un ex di qualcosa, anche se non sa di esserlo.
Ognuno, se guarda entro se stesso, sa bene quali sono stati i limiti delle sue scelte e del suo agire, ma anche quali possibilità erano nelle sue mani e ha perso per sua responsabilità.
Ossequiosi all'autorità e intimamente anarchici, spesso in acre discrepanza col mondo, i romantici oscillano tra la forza fantastica e la sterile fantasticheria, passando dall'ambizione di abbracciare con la parola l'infinito al silenzio, mescolando tutti i generi letterari e spingendosi all'estremo del dicibile.
Per essere liberi, per non lasciarsi sedurre dai maestri desiderosi di plagiare anime e plasmare seguaci, è necessario essere intellettualmente poligami e politeisti.
Per governare bisogna saper conoscere gli uomini.
Quando uno scrittore parla a proprio nome dice ciò che pensa e in cui crede, afferma che la vita è un bene di cui ringraziare Dio o un male da deprecare; in ogni caso, condivide e sottoscrive la sua pagina.
Quelle fantasie da studenti in gita scolastica o da coniugi in vacanze separate corrispondono assai poco alla realtà, perché lo scenario delle varie infrazioni ai codici morali dalla menzogna al furto a qualche modesta perversione privata è piuttosto l'habitat consueto dell'uomo, animale sociale e peccatore.
Raccontare la grazia di un momento di pace che si è ricevuto non è un'offesa per chi non l'ha mai avuta e probabilmente non l'avrà, mentre dire in tono rassicurante che, dopo tutto, la vita è bella e che la pace, con un po' di buona volontà, verrà per tutti è un'intollerabile ingiuria verso chi soffre pene senza nome.
Responsabilità significa pagare il prezzo e la rinuncia che ogni azione richiede, non pretendere moglie ubriaca e cantina piena.
Ridere significa essere liberi dai falsi idoli del mondo che vogliono essere adorati e dalla tracotante serietà della vita che rende schiavi.
Se fossimo santi, sentiremmo anche col cuore e coi sensi che la sorte di ogni uomo ci riguarda e che la campana suona sempre pure per noi.
Senza legge non c'è ordine né libertà.
Senza libera e asciutta sobrietà laica non c'è vera fede né vero amore per la vita.
Si viaggia non per arrivare ma per viaggiare e fra gli indugi brilla il puro presente.
Si è felici accanto alle persone che fanno sentire l'indubitabile presenza del mondo, così come un corpo amato dà la certezza di quelle spalle, di quel sesso, di quella curva dei fianchi e della loro onda che regge come un mare.
Siamo tutti e diventiamo tutti, in ogni momento, degli ex di qualcosa, ex amanti, ex giovani, ex sani e il distacco da ciò che siamo stati rappresenta una maturazione solo se si accompagna alla carità e al rispetto per noi stessi e per chi ha percorso, insieme a noi, la nostra strada, giusta o sbagliata.
Solo la forza consente di chiedere autenticamente perdono.
Solo sapendo quanto difficile sia la vita intera si può essere tanto temerari da pretendere di viverla veramente.
Soltanto il rispetto dei valori e dei dolori che si vogliono superare consente di trascenderli; ignorarli con frettolosa sgarbatezza significa lasciarli pericolosamente fermentare nel livore represso e lasciarli incancrenire nel risentimento non risolto.
Sottovalutare la tremenda forza della guerra e di ciò che spinge a farla, credendo che per impedirla bastino un po' di buoni sentimenti e qualche canzone accompagnata dalla chitarra, significa spianarle la strada, non bloccare in tempo il suo meccanismo.
Tranne pochi spiriti capaci di libertà, quasi tutti riusciamo a non vedere ciò che non vogliamo vedere, e ci rendiamo colpevoli, in un'assurda buona fede che non ci salverà ma che ci verrà imputata come un'aggravante.
Tutta la storia umana è un raschiamento della coscienza e soprattutto della coscienza di ciò che sparisce.
Tutte le abitudini diventano una seconda natura, quando si tengono a lungo le finestre tappate si finisce per amare il puzzo più dell'aria fresca.
Tutte le ideologie servono a velare e a sopportare l'intollerabile tragicità della vita nuda, con la quale non è il caso di civettare e che è bene far finta di ignorare.
Tutti si pentono quando non serve più.
Tutto è sempre possibile, anche la guerra, che ci sembra impensabile e che la nostra cultura si illudeva di aver superato e aveva invece soltanto rimosso.
Un poeta ama gli anemometri e non gli oroscopi.
Un vero libro è sempre arduo, anche quando sembra linguisticamente e concettualmente semplice.
Un'idea fissa è una forza centripeta che tiene insieme un'esistenza impedendole di smarrirsi nell'indistinta dispersione delle cose.
Una risata slarga e riscalda il cuore, ha la fraternità della preghiera; chi sa ridere di ciò che rispetta e amare ciò di cui ride, incluso in primo luogo se stesso, è un giusto.
Uomini e popoli sono frumento per la storia che li macina, al momento fa male e per terra restano macchie di sangue, poi si ascigugano e il pane che viene fuori è buono.
Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un'altra.
Vincitore è chi sa ammettere la propria insufficienza e le proprie sconfitte senza metterle in conto alla malvagità degli altri o al disordine del mondo, chi non si lascia abbagliare dalle proprie idiosincrasie e chi non idolatra le proprie debolezze, ma riconosce, al di sopra di sé, dei valori e una legge, rispetto ai quali la sua psicologia o la sua vicenda personale sono di secondaria importanza.
Vivere e ridere nonostante tutto, assaporare in fondo ogni istante per se stesso.
È il livello dell'esistenza di ogni giorno che ci fa vivere bene o male, non l'iniziativa d'eccezione.